LOCAZIONI COMMERCIALI: POSSIBILI SOLUZIONI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
PREMESSA
Com’è noto, durante il periodo di pandemia da Corononavirus, tante attività commerciali sono state costrette a chiudere i battenti con evidenti conseguenze sui contratti di locazione in essere.
Si è posto, quindi, il problema per più categorie di soggetti interessati se fosse o meno possibile chiedere una sospensione del canone di locazione.
Ci si è anche domandati se potesse essere richiedibile la riduzione del canone di locazione dell’immobile non utilizzato integralmente, oppure se fosse lecito domandare una risoluzione del contratto di locazione medesimo a fronte della sospensione della propria attività d’impresa.
Non appare applicabile, in ipotesi di tal tipo, l’istituto della impossibilità parziale sopravvenuta di cui all’articolo 1464 c.c..
Non risulta, altresì, applicabile l’istituto della eccessiva onerosità sopravvenuta di cui all’articolo 1467 c.c. .
In entrambe le ipotesi sopra elencate, non sussiste il carattere della definitività della situazione sopravvenuta che avrebbe causato l’alterazione del cosiddetto “sinallagma” contrattuale, ossia il nesso di reciprocità rispetto alle obbligazioni nascenti del contratto di locazione.
Non è mancato chi ha invocato, in tali casi, l’istituto della impossibilità temporanea della prestazione di cui all’art. 1256 co. II c.c. che esonererebbe il debitore da responsabilità per il ritardo nell’adempimento della prestazione di pagamento del canone di locazione, fermo restando comunque l’obbligo – nel momento in cui cessi la situazione di temporanea impossibilità – di versare i canoni scaduti e non versati.
Ritengo che anche detta ipotesi non possa essere considerata, poichè non è oggettivamente pensabile una situazione in cui sia del tutto impossibile l’obbligazione pecuniaria, potendosi al più verificare una situazione soggettiva di incapacità economica del debitore, comunque estranea all’ambito applicativo dell’art. 1256 co. II c.c.
POSIZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Ritengo fondamentale richiamare quanto stabilito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 8/E.
Uno degli argomenti a sostegno della tesi della imprescindibilità del pagamento del canone per i mesi di chiusura dell’esercizio commerciale è la lettura dell’art. 65 del c.d. “Decreto Cura Italia”, nell’ambito del quale è previsto a favore del conduttore un credito d’imposta per l’anno 2020 pari al 60% del canone di locazione di immobili appartenenti alla categoria catastale C/1 relativo al mese di marzo 2020.
La suddetta disposizione trova espressa applicazione alla locazione di immobili di categoria catastale C/1, ed è volta a ristorare il conduttore del costo del canone di locazione versato per il mese di Marzo 2020, durante il quale l’attività non è stata esercitata.
Il richiamato art. 65 della Circolare n. 8/E del 3 aprile 2020 dell’Agenzia delle Entrate ha stabilito, infatti, testualmente che “L’agevolazione in esame ha la finalità di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica nei confronti dei soggetti esercitanti attività d’impresa nell’ambito della quale risulta condotto in locazione un immobile in categoria catastale C/1. Ancorché la disposizione si riferisca, genericamente, al 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, la stessa ha la finalità di ristorare il soggetto dal costo sostenuto costituito dal predetto canone, sicché in coerenza con tale finalità il predetto credito maturerà a seguito dell’avvenuto pagamento del canone medesimo”.
CONCLUSIONI
Per tutto quanto sopra illustrato, risulta palese che la fruizione del beneficio fiscale, atteso che è oggettivamente volta a compensare – almeno parzialmente – il costo della locazione, è subordinata all’effettivo versamento del canone di locazione di Marzo 2020, anche se in ritardo.
E’, pertanto, evidente come la straordinarietà dell’emergenza dovuta dalla pandemia in atto non possa essere risolta con gli ordinari strumenti giuridici previsti dal nostro ordinamento giuridico.
L’unica strada ad oggi percorribile è la rinegoziazione dei contratti di locazione, volta a riequilibrare gli interessi ed i bisogni delle parti contrattuali.
In assenza di misure concrete ad hoc da parte dello Stato, l’unica via d’uscita praticabile, all’attualità, appare quella di distribuire tra le parti contrattuali della locazione i costi di questa emergenza.
Si tratta di una soluzione non certo giusta, ma di buon senso e, per certi aspetti obbligata, in assenza di provvedimenti in proposito da parte del legislatore.
Ad ogni modo, tengo a precisare che sebbene facoltativa, la registrazione di eventuali accordi tra le parti sulla riduzione dei canoni di locazione è sempre consigliabile, ed è esente da bollo e imposta di registro e beneficia peraltro della proroga del termine di registrazione, che deve avvenire entro il 30 giugno 2020.
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